caseificio Castagnetti

Il 27 febbraio 1945 veniva incaricato il GAP di San Giacomo Roncole, composto da Renzo Fregni, Felicino Raimondi, Renzo Dotti e dai fratelli Enzo e Ermete Benatti, di recarsi al caseificio Castagnetti per concordare la distribuzione alla popolazione della frazione di una partita di formaggio grana e per convincere il proprietario a non consegnare la produzione ai tedeschi.

I Gappisti erano appena entrati in casa quando si sentivano intimare la resa dai tedeschi che, evidentemente preavvisati da un delatore, avevano accerchiato il cascinale con preponderanti forze appoggiate da mezzi blindati. I Partigiani, sebbene con armi impari, respingevano l’intimazione iniziando un furioso combattimento che protraevano per ore fino all’esaurimento delle loro munizioni.

Ormai impossibilitati a continuare il combattimento ma decisi a non arrendersi, essi tentavano allora una sortita dalla finestra del piano superiore: ci provava per primo con indomito coraggio Renzo Fregni, ma appena affacciato una raffica di mitragliatrice lo colpiva in pieno falciando la sua giovane vita.

Il suo sangue generoso bagnava l’elenco delle famiglie povere alle quali dovevano essere distribuiti i viveri, come dimostra la pagina che in questo volume abbiamo voluto riprodurre per il suo valore documentario e per il suo commovente significato di simbolo del generoso Sacrificio di tanti Patrioti *.

Gli altri gappisti vista l’impossibile ogni via di scampo, piuttosto che cadere nelle mani del nemico prendevano la decisione eroica di riservare a se stessi gli ultimi colpi rimasti: Enzo Benatti si sparò al cuore mentre Ermete Benatti, Renzo Dotti e Felicino Raimondi si unirono in cerchio e, tolta la sicura , con fredda determinazione fecero esplodere in mezzo a loro l’ultima bomba a mano rimasta.

Caddero orribilmente straziati accanto ai loro compagni con i quali avevano combattuto una impari lotta che illuminava il loro coraggio e dalla quale uscivano non vinti ma vincitori **.

 

*in una lettera inviata a chi ha curato questo lavoro, il fratello di Renzo Fregni, Koki, scrive rievocando i cinque Caduti di San Giacomo Roncole:

“ Pensa che due o tre di loro erano liberi di circolare e avrebbero avuto tutte le possibilità di starsene tranquilli a letto…. Mio fratello addirittura attraversò l’Italia (non conosco le circostanze che lo indussero ad abbandonare sul fronte alleato il gruppo di don Zeno –come vedi non erano solo piccoli apostoli col prete in fuga verso il sud) e già a settembre iniziò i primi sabotaggi ed azioni anche individuali. Alla distribuzione di un carrettino di burro che un partigiano portò addirittura col somarello da San Possidonio a San Giacomo Roncole, provvide mio fratello pesandolo sulla bilancia della bottega e distribuendo pacchi proporzionati ai bisogni e alla entità delle famiglie del paese. Il partigiano di San Possidonio non ebbe il coraggio di portare fino in fondo la sua operazione e fummo proprio io e mio fratello a percorrere gli ultimi cento metri del piazzale del “Casinone” con questo prezioso carico. Pochi ricordano quante distribuzioni vennero fatte alla povera gente in quel periodo.”

**Testimonianza di Luigi Nardo, comandante dei GAP di San Giacomo Roncole. Per l’indomita tempra di combattenti, per la decisione di fronte al nemico, per la loro eroica morte i cinque Caduti furono ritenuti dai loro compagni e comandanti degni della massima ricompensa al Valor Militare- la medaglia d’Oro alla memoria, per la concessione della quale è stata avanzata ufficialmente la proposta al Ministero della Difesa